DA " L'ALTRA VERITA' "
22.04.2012 14:02
Il giardino d’estate era pieno di uccelli: io pensavo a quanto la natura non riuscisse, suo malgrado, a falsare il segno della sua innata bontà.
Anche se noi percepivamo quei suoni come si potrebbero percepire in un Eden, dove tutto è possibile e impossibile, pure il sentirci controllati dalla natura, il sentirci serviti dai suoi concetti, dal suo clima, ci faceva gran bene al cuore,e, così, l’erba verde ci parlava di fiducia, e così i fiori, e così i ruscelletti che si aprivano dolcemente in mezzo a qualche piccola aiola, e così il cielo tutto.
Ma la luna, oh quella luna corrotta che gravava sopra di noi la sera!, quella, sì, era una luna pesante. Pareva diversa dalla luna che avevamo conosciuto nel mondo; una luna sghemba, irrisoria, che pareva volesse continuare a schernirci anche nel cielo.
Anche in quei momenti, cessato ogni brusio di fuori, non ci rimaneva che la nostra povertà, la nostra vera, cieca, infinita povertà. E un giorno eguale agli altri.
E non notti romantiche dove i pensieri sbocciavano.
Non la forza della felicità.
In quei momenti tutto diventava pesante e terrificante e la luna era meglio fuggirla come colei che avesse potuto detenere il potere di far partorire i versi, ma non dal grembo, bensì dal nostro cervello.
Così io vivevo tutta quella grazia intoccabile della mia natura.
”
— | L’altra verità, Diario di una diversa, Alda Merini |