QUASI MEGLIO IL MANICOMIO CHE "L'ABBANDONO"

17.04.2012 21:17

«Però fa ancora paura, una paura superstiziosa.

La gente tende a non guardarla in faccia, la malattia mentale, a nasconderla e vergognarsene come fosse una maledizione di Dio».

Alda Merini è una grande poetessa, «la pazza della porta accanto» che prima della fama, delle celebrazioni e della candidatura al Nobel ha patito dodici anni di manicomio e nel 2003, ricordava in un sorriso, pubblicò un libro che s’ intitola la “Clinica dell’abbandono”, «pensi un po’ la combinazione».

Perché il problema è quello, «i malati di mente sono rimasti abbandonati a se stessi, molti sono morti, si sono uccisi. Il matto viene soppresso, in questa società, non è produttivo…

Quasi quasi vorrei dire di riaprirli, i manicomi. In fondo mi hanno curata, no?, almeno mi hanno accolta».

E ride, «la verità è che Basaglia immaginava un amore tra pazzia e società, la non violenza verso il malato, ma la sua legge è stata negata, è rimasta incompiuta, perché ci volevano ospedali, ospedali veri e propri per curare le persone, altro che gli “operatori sociali”: la mente umana è vasta come il mare, c’ è bisogno di grandi medici, anche perché magari non si riconosce la violenza e si finisce per ritenere “pericoloso” chi è depresso per amore…».